Nella vita di tutti i giorni, è facile notare in giro molta confusione in merito ai processi di trattamento di materiale biodegradabile: microrganismi implicati nei meccanismi enzimatici che vi sono alla base, su quale sia la correlazione tra questi processi e la nostra raccolta differenziata domestica, ed in quale modo si possa fare la propria parte per il bene del nostro pianeta.

Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza!

L’importanza del tema ambientale

Il tema dell’ambiente è uno dei princìpi cardine della lotta per il futuro del nostro mondo. Con la nascita dell’ecologismo negli anni sessanta, in risposta alle politiche inquinanti legate allo sviluppo industriale, nel corso dei decenni e con il susseguirsi delle generazioni è diventato sempre più comune il desiderio di difendere la Terra e gli equilibri esistenti nel suo ambiente naturale.
Il tempo a disposizione per il nostro pianeta è in costante diminuzione, e per quanto in molti si prodighino per fare il possibile per fermare la discesa verso il disastro, questo sforzo non pare ad oggi affatto sufficiente.
Il 22 agosto 2020 è stato l’Earth Overshoot Day, ossia la giornata in cui si stima sia stata consumata l’intera biocapacità annuale del pianeta: Ben 131 giorni in anticipo rispetto alla situazione di equilibrio.

È bene notare come il 2020 sia stato un anno particolarmente eccezionale, dal momento che per cause di forza maggiore l’impatto umano medio in termini di consumo è diminuito rispetto agli anni precedenti.
Con la caduta dell’EOD nella data del 22 agosto si è infatti interrotta, almeno momentaneamente, una serie di annate negative per l’impatto ambientale: Nel 2009 il consumo delle risorse annuali si concluse il 20 agosto, nel 2014 il 4 agosto, nel 2019 il 29 luglio. Non ci sarà da stupirsi se per l’anno 2021, dunque, daremo nuovamente fondo a tutto ciò che la Terra sarà stata in grado di offrirci già per la fine del mese di luglio.
Un’ulteriore informazione che potrebbe essere importante da tenere a mente è come il cittadino italiano medio abbia un’impronta ecologica tale da rendere necessari quattro pianeti della dimensione della Terra per essere in grado di gestirne il fabbisogno, se tutti vivessero come lui: Questo è il peso dello stile di vita nel nostro paese.

Esiste dunque qualcosa che si possa fare, nella nostra quotidianità, per cercare quantomeno di mantenere stabile allo stato attuale la situazione, ed evitare che peggiori ulteriormente?
Sicuramente è nelle nostre capacità, con i dovuti sacrifici, lavorare al fine di ridurre la propria impronta personale ecologica sul pianeta, e magari quella delle persone che vivono insieme a noi. Questo è possibile mediante piccoli gesti quotidiani, tra cui lo stare attenti al consumo d’acqua e di energia elettrica nelle nostre abitazioni, usufruire il meno possibile dell’automobile privata in favore dei mezzi pubblici, oppure eseguire correttamente la raccolta differenziata della nostra spazzatura.

Per quanto in Europa il primo provvedimento legislativo a favore della raccolta differenziata risalga al 1975, in Italia il processo per la normatizzazione dello smaltimento rifiuti è stato più lento, con un decreto nel 1997 per imballaggi e rifiuti pericolosi, ed un più noto Decreto Legge sancito il 3 aprile 2006: il numero 152.
Questa disposizione ha fatto sì che cominciasse ad entrare nelle case degli italiani l’idea di una responsabilizzazione concreta nei riguardi della riduzione degli sprechi, a favore dei processi di riciclaggio e di riutilizzo dei materiali. Tutti i cittadini sono stati chiamati, in sostanza, ad agire per il bene della causa già tra le proprie mura domestiche, onde evitare, oltre all’inestimabile danno al nostro pianeta (che resta il focus della questione), anche multe piuttosto salate fino a 620€.

Come effettuare correttamente la raccolta differenziata

Parlando di compostabile e biodegradabile è utile aprire una piccola parentesi sulla raccolta differenziata. Facciamo un piccolo quadro generale per poi tornare a vedere nello specifico cosa si intende per umido e compostabile, come dividerli e come classificarli per la raccolta differenziata.

Come raccogliere i rifiuti domestici?

Come tutti abbiamo insomma imparato nel corso di questi anni, i rifiuti sono da suddividersi in 5 sezioni:

  • CARTA: Da raccogliere in sacchi a loro volta di Carta o direttamente sfusi nel contenitore.
  • PLASTICA E METALLI: Da raccogliere in sacchi trasparenti.
  • VETRO: Da raccogliere sfuso nei contenitori.
  • NON RICICLABILE: Da raccogliere in sacchi trasparenti.
  • UMIDO: Da raccogliere in sacchi compostabili.

È proprio in merito alla raccolta dell’umido che nascono le maggiori perplessità, nonché i più frequenti errori commessi dal comune cittadino.
L’obiettivo finale della raccolta dell’umido è quello di ottenere un cumulo di materiale organico completamente convertibile in Compost, realizzato ad opera dei saprofiti, la famiglia di batteri che si nutre di materia organica morta o in decomposizione.

Materiale biodegradabile e materiale compostabile: Sono la stessa cosa?

L’insieme delle materie convertibili in Compost sono dette, appunto, compostabili, sostanzialmente differenti dai materiali detti invece biodegradabili, non adatti, a differenza di quanto si pensi, alla raccolta dell’umido.
Cosa rende nei fatti così diverse le due categorie di materie organiche? Per distinguerle nettamente, è bene far riferimento alla normativa europea EN 13432 del 2002 intitolata Requisiti per imballaggi recuperabili mediante compostaggio e biodegradazione – Schema di prova e criteri di valutazione per l’accettazione finale degli imballaggi, la quale sostituì e colmò le lacune della precedente 94/62/CE.
Per utilizzare termini più semplici e comunemente comprensibili, nei rifiuti biodegradabili il processo di biodegradazione avviene naturalmente per il 90% in 6 mesi. È proprio la velocità di questo fenomeno una delle poche caratteristiche in grado di distinguere ciò che possa essere etichettato come compostabile e ciò che invece non possa esserlo, dal momento che in linea teorica la stragrande maggioranza dei materiali potrebbe considerarsi degradabile assumendo tempi di deterioramento infinitamente più lunghi, parlando quindi di anni, decenni, secoli.
I materiali compostabili, invece, sono in grado di decomporsi al 100% nell’arco di soli tre mesi: questi, dunque, sono perfetti per il nostro contenitore dell’umido domestico.
La seconda differenza tra le due categorie riguarda i rispettivi residui del processo di biodegradazione. Solo i materiali compostabili sono in grado di generare del Compost vero e proprio, impiegabile come concime quando fresco (2-4 mesi), fertilizzante per orti e giardini (compost pronto, 5-8 mesi) e come terriccio quando ormai maturo (12+ mesi).

Cosa dovrei inserire nel contenitore del rifiuto umido?

Della nostra spazzatura domestica, sono molti gli elementi compostabili adatti allo smaltimento, e dunque riponibili nel contenitore dell’umido: scarti vegetali, fiori, piante, pane, fondi di caffè, filtri di tè (da privare del bollino, ed assicurandosi della loro compostabilità), frutta, gusci d’uovo, legna e sughero. Sostanzialmente la maggior parte del cibo, una volta privato dei liquidi, è compatibile con questa sezione di raccolta differenziata.

Come scelgo il sacchetto più adatto?

Potrebbe dunque a questo punto sorgere un legittimo dubbio ai più curiosi: Dopo essere stati così attenti alla selezione del contenuto dei nostri sacchetti, è mica possibile selezionare il sacchetto stesso senza alcun criterio?
Ovviamente la risposta è no.
A differenza di quanto si pensi, la qualità di semplice biodegradabilità non è sufficiente per essere compatibile con la produzione di compost.

Solitamente i sacchi biodegradabili sono realizzandosi basandosi su alcune tipologie di polimeri, quali poliidrossialcanoati (PHA, PHBV, ecc.), acido polilattico (PLA), cellulosa (cellophane), poliesteri aromatici alifatici o lignina; inoltre è possibile realizzarne a partire dall’amido.
In Italia, le possibili certificazioni che è possibile riscontrare sui sacchetti, che possano permetterci di capire quali siano adatti a contenere il rifiuto umido e quali no, sono tre:

  • CIC: Marchio del Consorzio Italiano Compostatori nato nel 2006 in conformità alla norma EN 13432. Il Consorzio opera più di 25 anni per la valorizzazione delle attività di riciclo per la produzione di compost e biometano, attualmente con 120 aziende consorziate;
  • OK Compost: rilasciato dal gruppo TÜV AUSTRIA;
  • DIN CERTCO: rilasciato dall’Ente dell’Istituto Tedesco di Normalizzazione (Deutsches Institut für Normung).

È caldamente raccomandato, dunque, di controllare accuratamente che sia presente almeno uno di questi marchi sulla busta che si desidera impiegare per contenere i propri rifiuti, onde evitare che il proprio duro lavoro per la salvaguardia del pianeta vada perduto.

Cosa dice, in particolare, la normativa vigente?

Come in molti ricorderanno, il 1 gennaio 2018 entrò in vigore nel nostro paese una normativa che vietava ai negozi di consegnare sacchetti leggeri per la spesa, e poneva invece l’obbligo di proporre buste di materiale sia biodegradabile che compostabile, tra l’altro esclusivamente a pagamento con riscontro sulla ricevuta fiscale.

Questo cambiamento nella routine degli italiani creò molto rumore all’epoca, ma in qualche modo il tutto si riuscì ad accettare in virtù del bene del nostro pianeta.
In particolare quella normativa, risalente al 20 giugno 2017, richiedeva espressamente che a partire dal 2018 ad essere distribuiti fossero solo i sacchetti ultraleggeri biodegradabili e compostabili costituiti almeno dal 40% di materia prima rinnovabile, e che questa percentuale dovesse aumentare (così com’è stato) al 50% per l’anno 2020, ed al 60% nel 2021.

Se volete, dunque, potete effettuare in qualunque momento una prova del nove: Prendete una delle buste della vostra ultima spesa, e verificate la presenza di uno dei marchi di certificazione enunciati in precedenza, prima di adoperarla per la vostra immondizia.